Gli ambienti educativi. Occasioni per promuovere competenza emotiva e apprendimento a vivere

Alla base di ogni intervento educativo ( a scuola, nell’associazionismo, nello sport, etc.) possiamo individuare alcuni interrogativi che muovono il lavoro dell’educatore, dell’insegnante e così via. Tali interrogativi possono essere i seguenti: come promuovere la competenza emotiva nel soggetto con il quale lavoro, come proporre contenuti o attività significative per lo sviluppo del Sé, come stimolare la curiosità di apprendere e come affrontare l’incertezza.

Gli interrogativi appena esposti sono soltanto alcuni esempi che possono presentarsi all’interno di un ambiente educativo. Sicuramente ogni qual volta l’adulto progetta e mette in atto un percorso educativo non si pone esplicitamente tali domande. Si può, però, affermare che gli interrogativi esposti guidano in un certo senso l’azione educativa.

A scuola l’insegnante non espone semplicemente il contenuto, bensì attraverso quello specifico contenuto sollecita una molteplicità di significati (sia quando viene trattato un argomento di carattere scientifico e sia quando l’argomento è di tipo umanistico). Ancora all’interno di un contesto sportivo, l’allenatore lavorerà non soltanto sulla prestazione fisica dei suoi allievi, ma anche sulla regolazione delle emozioni durante una gara, difronte ad una sconfitta o ad una vittoria e ancora lavorerà per sollecitare un clima di scambio e di reciprocità nel suo gruppo. Gli esempi di ambienti educativi possono essere tantissimi.

Tali esempi sono stati riportati proprio per sottolineare quanto il lavoro educativo sia articolato. Richiede, infatti, un percorso di progettazione e di riflessione consapevole sulla persona con la quale entro in relazione e sulle ricadute che le azioni educative possono avere sul contesto nel quale lavoro e nel quale vive il soggetto che ho di fronte.

E. Morin parla di apprendere a vivere (2000) e cioè di trasformare le conoscenze acquisite all’interno di uno specifico ambiente in sapienza e saggezza (Morin 2000, La testa ben fatta, p.45) per la propria vita.

Tale lavoro richiede senza dubbio la necessità da parte dell’educatore di soffermarsi sugli interrogativi esposti all’inizio. Il vissuto emotivo non può essere estromesso dall’azione educativa; le competenze emotive vengono sollecitate proprio all’interno degli ambienti educativi. Da qui derivano tutta una serie di altre necessità educative e cioè saper affrontare le incertezze, cogliere le unicità di ognuno, apprendere a diventare cittadini e comprendere la condizione umana (come afferma lo studioso Morin nel volume prima citato).

Nel mio lavoro educativo, all’interno dei laboratori con i bambini o con i genitori e gli educatori, parto sempre dal significato che rivestono le emozioni, al fine di intraprendere un lavoro significativo con l’altro. Tale lavoro di significazione delle emozioni può essere inglobato all’interno dell’azione educativa che mettiamo in atto (nel caso dell’insegnante ad esempio durante l’esposizione di un contenuto disciplinare: quali ricadute ha quel contenuto per il soggetto che apprende e per la sua storia di vita).

È possibile, dunque, sollecitare la competenza emotiva (espressione, comprensione e regolazione delle emozioni) all’interno dei molteplici ambienti educativi e da qui far sì che ogni ambiente educativo diventi effettivamente occasione di crescita e di sviluppo del Sé e dell’Altro per realizzare, così, un processo di apprendimento al vivere.

Bibliografia essenziale:

E. Morin (2000), La testa ben fatta, tr. It. Milano: Raffaello Cortina Editore.

E. Morin (2001), I sette saperi necessari all’educazione del futuro, tr. It. Milano: Raffaello Cortina Editore.

I. Grazzani Gavazzi, V. Ornaghi, C. Antoniotti (2011), La competenza emotiva nei bambini, Trento: Erickson.

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